Il personaggio del mese

Intervista a Federico Taddia, giornalista, scrittore e autore

Da Topolino a Fiorello, “l’importante è coltivare un sogno”

Firma i primi articoli sulle pagine di Topolino coronando il sogno dell’adolescenza. Oggi, autore di successo, collabora con importanti programmi radiofonici e televisivi come “Edicola Fiore”.

Televisione, giornali, radio, editoria. Professionista poliedrico e a tutto campo, Federico Taddia, 45 anni, è il “prototipo” di successo dell’autore “mediatico” del nuovo millennio. A maggior ragione in quanto free lance e “per scelta”.
Ubiquità, flessibilità e libertà (trinomio del “precariato”, visto con la lente dell’ottimismo) gli consentono di scrivere e comporre per committenti che vanno dal celeberrimo settimanale Topolino, all’altrettanto noto programma “Edicola Fiore” di cui è autore.

Dall’osservatorio del “Il Bolognino”, la rubrica giornaliera che tiene sul quotidiano “la Repubblica”, osserva l’amata Bologna, guardandola dall’angolo della satira e dell’ironia.
Augurandosi e stimolandola perché “un po’ seduta e un po’ sedata”, come la vede, possa ritrovare gli stimoli per liberare “le sue grandi potenzialità”.
Da anni, per lavoro, si rapporta con le nuove generazioni e lo scorso autunno è stato apprezzatissimo ospite dell’evento di Cna “Verso il futuro” in cui ha saputo conquistare gli applausi di studenti e giovani imprenditori ai quali consiglia “di coltivare un proprio sogno, inseguirlo e dotarsi degli strumenti per raggiugerlo”.

Taddia, la curiosità è troppa. Partiamo da Topolino, nel 1994 contatta la redazione dicendo di voler scrivere per loro. Come mai questa scelta per avviare il suo lavoro?
Come tanti bambini e ragazzi della mia generazione sono stato un lettore accanito di Topolino. Ovviamente guardavo le gustosissime illustrazioni ma già in età precoce mi appassionavano particolarmente gli articoli della redazione. Per i temi trattati, ma anche per l’impaginazione. Pubblicare lì era il mio sogno e appena raggiunta una certa consapevolezza dei miei mezzi li ho contattati dicendo che avrei voluto scrivere per loro. I testi che ho inviato sono piaciuti e così è iniziata questa bella avventura che continua anche oggi.

E’ autore del programma “Edicola Fiore”, come è nata l’idea per questo format innovativo e quale il suo rapporto con il genio di Fiorello?
L’idea è stata di Fiorello che, oltre ad essere una persona professionalmente straordinaria, da quando lo conosco non si è mai fermato. E’ un vero sperimentatore che si pone costantemente nuovi obiettivi e appena ne raggiunge uno alza ancora un po’ l’asticella e parte per un altro. L’Edicola è un esempio di questa sua capacità. Esce dalla tv che, come è noto, è la sua casa e va in un luogo che più diverso non si può, l’edicola. Oppure il bar dove poi legge i giornali con la verve e la genialità che gli sono proprie. Con lui c’è uno stimolante rapporto quotidiano di sintonizzazione.

Da anni tiene la rubrica “Il Bolognino” su la Repubblica, come si vede la città delle Due torri da questo particolare punto di osservazione?
Sono molto affezionato a questa rubrica e scriverla è come prendere quotidianamente una boccata d’ossigeno. Amo Bologna, mi piace passeggiare in centro e viverla non da cittadino, perché non vi abito, ma un po’ da ‘provinciale’, come in verità sono. Scrivo di lei, spesso mentre sono in viaggio o da un’altra parte, e, pur avendone il polso, ogni giorno mi sforzo di vederla da una diversa angolatura per sorriderne ed aiutare a comprenderla. Com’è? Una città dal potenziale enorme che adesso mi pare, come dire, un po’ seduta e sedata.

Fare ridere o sorridere le persone in tempo di crisi. Una sfida non semplice
Le crisi a mio parere hanno sempre due facce. Quella che si sta concludendo ha incupito alcuni ambiti ma contemporaneamente ha dato vigore ad altri, liberando e favorendo nuove creatività e forme di aggregazione. Personalmente penso che piangersi addosso in genere non aiuti. E considerando che, anche in momenti difficili, c’è umanamente voglia di buon umore, credo che illuminare con l’ironia e la satira difetti e problemi di una determinata realtà possa aiutare a conoscerli e superarli.

Autore e giornalista di successo, esercita la professione come free lance. Una necessità o una scelta?
Essere free lance è per me totalmente una scelta. Negli anni ho avuto anche diverse proposte di assunzione ma preferisco la libertà nella gestione del tempo e anche dello spazio che questa dimensione consente. Poter scegliere dove lavorare e con chi e muoversi simultaneamente su diversi ambiti professionali. Certo costa fatica, e anche se mi sento un precario privilegiato non sono ovviamente esente dai problemi ben noti che questo comporta. Ma, davvero, non potrei essere altrimenti.

Cosa consiglierebbe ai giovani per intraprendere la loro strada nel mondo del lavoro?
Qualche tempo fa sono entrato in un spazio di coworking a Milano. Mi sono sentito improvvisamente vecchio perché alle postazioni erano sedute persone molto più giovani di me che stavano lavorando negli ambiti delle più svariate professioni. Una bella sensazione, che mi ha rinforzato nella convinzione che per i giovani posto fisso o precario sia una domanda sbagliata da porsi nel guardare al proprio avvenire. Quelle giuste mi sembrano invece: sto facendo qualcosa che mi piace e mi realizza? Sto costruendo le condizioni per essere ciò che voglio? Ai giovani direi, coltivate un sogno e inseguitelo acquisendo gli strumenti che vi servono per raggiungerlo. Non aspettate la chiamata di Topolino. Chiamate prima voi.

Un’ultima domanda, sta preparando qualche nuovo progetto?
Sì, un paio di programmi interessanti per la radio nei quali sperimentare nuovi formati. Ad aprile, poi, uscirà il mio ultimo libro per la collana di divulgazione scientifica per bambini “Teste Toste”, pubblicata da Editoriale Scienza. Si intitola: “Perché si dice trentatré. E tante altre domande sulla medicina”.

Scrittore di libri, pubblica per i quotidiani La Stampa e la Repubblica dove tiene la rubrica satirica “Il Bolognino”.